I soggetti veristi in "interni"
Il cuore dell’arte di Faccioli è il verismo che esprime sia nel quadro intimista e familiare, sia nella descrizione di una quotidianità urbana o campestre con una molteplicità di sfaccettature che vanno dal riso al sorriso e alla gioia, dalla tristezza al dolore, dalla vita alla morte. Faccioli infatti in circa quarant’anni dei suoi quasi sessanta di attività artistica, ha dipinto un folto numero di soggetti familiari intimisti e affettivi, in interni e in esterni, tanto che non è sufficiente una antologica per poterli esibire tutti. Inoltre, una grande parte di questi temi appartengono a musei e a privati di tutto il mondo. Ed è appunto con i dipinti che seguono questo filone che Faccioli partecipa alle promotrici e alle esposizioni nazionali e internazionali riscuotendo gran successo di pubblico e, anche, di vendite. Quindi si può solo sperare in un’altra grande mostra dedicata al nostro artista che raccolga quella gran parte di produzione acquistata dai musei e dai privati di tutto il mondo.
Elemento di grande interesse è che il verismo di Faccioli segue le emozioni che esprimono gli scrittori veristi come Betteloni, Guerrini, De Amicis, come pure la letteratura del melodramma che più che mai è in auge.
Di questo verismo letterario l’artista esprime, seguendo il suo carattere, l’aspetto non conflittuale, una realtà, che deve essere sentita tranquillizzante e senza angosce, anche quando è il dramma della vita che raggiunge i livelli più alti di tensione emotiva.
Nel dipinto “Ricordo struggente” in cui ritrae il primo piano di una giovane donna morta, tutto, anche l’atmosfera, è assolutamente “vero”, ma l’animo di chi guarda pensa a un sereno “al di là”, non all’inconsolabile dolore per una vita finita. La pacatezza delle tinte, la composizione floreale che addolcisce ancora di più la delicata pelle della “dormiente”, il tenue contrasto delle tonalità dai bianchi ai blu plumbei, quindi, suggeriscono, nell’animo del fruitore, speranza e non disperazione.
In “Spensieratezza giovanile”, di cui esiste un bozzetto intitolato “Il cancello”, tre ragazzini (due nel bozzetto) giocano tranquillamente davanti al cancello di un cimitero. La metafora è esplicita, eppure la violenza psicologica del soggetto è bloccata dal gioco della pittura. Infatti i ragazzi che chiacchierano sono adombrati dal crepuscolo e il cimitero con le sue tombe e le sue croci è oscurato da uno smagliante rosso ocrato nel fondo del dipinto. Faccioli, in questo dipinto, riconduce una scena macabra nella consuetudine popolare e campagnola per cui il cimitero è un luogo di giochi e di confidenze e, nello stesso tempo, sdrammatizza l’angoscia della morte.
E lo stesso meccanismo lo applica ne “I falciatori”, dove la dicotomia tra vita e morte arriva ad essere simbolo. In questo dipinto si palesa sempre la filosofia verista di Faccioli, per cui gli elementi naturali e semplici, come la terra e il lavoro, fanno da antidoto alla paura e l’artista, in questo modo, trasforma l’ineluttabile dramma in riflessione e porta l’animo del fruitore ad una tranquilla speranza.
Faccioli ricorre sovente al tema della morte creando, in alcuni casi, delle vere e proprie sequenze, come se fossero i capitoli di uno stesso racconto, in cui il filo comune è dato dalla non-solitudine. Nel dramma umano c’è la famiglia che partecipa, unita, alla sofferenza e fondamentale è l’appoggio che può dare. Così “La lettera dell’abbandono”, “Il congedo della nonna”, “Il giorno dei morti”, sono “scatti” dove l’ambiente è arricchito da presenze che creano la coralità, in opposizione all’assenza.
Ma non è solo rispetto alla morte che l’artista sente fondamentale l’esistenza della famiglia. In “…Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice nella miseria…”, interpretazione della parte del sonetto dal canto V dell’Inferno di Dante, l’artista fa riferimento ad un dramma familiare affrontato da una madre rassegnata che fa da supporto alla disperazione della giovanissima figlia. Come pure in “Viaggio triste” il rapporto madre-figlia è la chiave per capire, accettare, affrontare e superare il dolore.
Questi soggetti , pur rappresentando la tristezza degli abbandoni, la disperazione della vita vengono esorcizzati dalla paura esistenziale attraverso un meccanismo psicologico che l’artista introduce nella sua pittura e che ha la forza di scaricare le paure della vita e tutto ciò che queste comportano.
Come, per esempio nel dipinto “Nell’ansia dell’attesa”, la possibile sofferenza di attendere che un desiderio venga esaudito, è resa serena dall’atmosfera dei toni smorzati, quieti e dal viso rilassato in cui si intravvede la fiducia.
E la comprensione e la conoscenza del dolore permette all’artista bolognese di dedicarsi ad ogni aspetto, quotidiano e non, della vita, mantenendo integro il suo sentire. La sua pittura, infatti, esprime il fondamentale tendere sia all’equilibrio psicologico, sia all’ordine delle cose, caratteri necessari per affrontare la vita. Illuminata da questi principi la pittura di Faccioli scandisce la quotidianità all’interno della mura domestiche. E’ un insieme di momenti che, come le pagine di un romanzo, raccontano la vita di una famiglia attraverso i gesti e le attività dei suoi componenti. E così li conosciamo nel gioco: “I piccoli militari” e “I piccoli artisti”, “Due amici”; nei momenti personali dei ragazzi: “La colazione di Nelly”, “Serenità”, “La lettura di Don Chisciotte”, “La lettura di Boccaccio”; nelle affettività del rapporto madre e figlio: “Alba d’amore”, “Nessuno mai t’amerà dell’amor mio”, “Febbre”, “Alba nova”; nelle tenerezze del rapporto nonni e nipoti: “Alfa e Omega”, “Amici intimi”; nel solidale stare insieme degli anziani: “Riso e sorriso”, “Altri tempi!”, “Post-prandium”, “Sereni tramonti”.
Una sintesi del suo sentire domestico, Faccioli lo propone in un trittico, in cui illustra quelle che ritiene essere attività esemplificative di una famiglia borghese: “A tavola”, “Il compito” e “Giocatori di carte”.
Anche il viaggio, può essere per Faccioli una occasione per insistere sul tema dell’ “interno”.
Egli infatti affronta “il viaggio” affidandosi a quel mezzo di trasporto, moderno e popolare per eccellenza, che è il treno. E lo scompartimento è il luogo prescelto per fare vivere i suoi racconti. Nei dipinti “Viaggio triste”, “In partenza” e “Vicit amor patriae” si consumano storie di sentimenti di cui l’artista fissa l’equilibrio, trattiene l’esaltazione, sospende gli effetti degli eventi. Crea la pausa. In opposizione alla velocità del treno, ogni emozione è attenuata da una “attesa” che è la concretezza che dovrà essere costruita e sulla quale si dovrà contare per il futuro.
Tecnicamente, in questi tre lavori, Faccioli costruisce l’impianto scenico che prende luce dal finestrino dello scompartimento. Conoscendo la tendenza all’intimità dell’artista, stupisce questa “apertura” nell’impaginazione di situazioni così personali. Indubbiamente Faccioli sente lo scompartimento non solo come “dentro”, ma anche come “fuori”. Non è uno spazio domestico, ma pubblico, di appartenenza anche ad altri, quindi l’occhio esterno ha la possibilità di arrivare dal di fuori, senza potere fare nulla, dipende dal destino. Ma c’è un’altra possibilità, ossia che Faccioli, abbia sentito il bisogno di illuminare i dipinti, come Silvestro Lega e gli artisti della scuola di Piagentina, che passano dalla “macchia en plein air” al quadro di interno che prende
luce dalla finestra.
Tutti i dipinti del filone intimo-familiare sarebbero da analizzare, uno per uno per l’interesse che singolarmente presentano. Non essendo questo possibile all’interno di un saggio che affronta l’artista Faccioli nella sua globalità, mi limito a sottolineare gli elementi estetici di questi dipinti nel loro insieme. Come tecnica, Faccioli, affronta il soggetto interno-domestico come potrebbe fare l’occhio di una macchina fotografica senza flash: l’immagine, quindi, è piatta e la luce è naturale. Il gioco delle tonalità giostra su tutta la gamma dei pastelli, sui bruni (ai quali mischia il rosso) e, su tutte quelle tinte naturali che saltano fuori da una illuminazione anch’essa naturale, come il petrolio, il gas, la candela. Alle tonalità e alle luci Faccioli affida il suo messaggio sui sentimenti familiari, che non vuole essere altro che un’espressione del suo credo.
L’occhio di Faccioli rispetto alla “famiglia” è, come si è visto , rivolto esclusivamente all’interno. Vi sono però due dipinti che possono essere letti come spartiacque tra “interno” ed “esterno” e, anche per questo, rappresentano una interessante scelta estetica, ma pure psicologica di Faccioli.
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